Ogni campo ha i suoi feticisti. Ho
visto nerd passare giorni interi
davanti il pc, intimamente attratti
dai colori fluo dello schermo. Ho assistito
alle crisi di astinenza delle più agguerrite fashion-addicted e alle maratone acquisti di 36 ore no-stop sulla superficie quadra di 240 km. Ho sentito matematici parlare dell’integrale di Lebesgue come di un caro
parente emigrato in Argentina. E di chi, prima di andare a dormire, per puro
sfoggio mnemonico ripeteva, con dimostrazione, il teorema di Schwartz. Ingegneri andare in
pellegrinaggio nella dimora infantile di Einstein,
muniti di santini di Fermi, Bohr e Richter, che non si sa mai. Pseudo
politicanti in erba mostrare desiderio sessuale per la lunga, bianca barba di Marx e per gli occhi malandrini del Che. Politicanti, meno in erba, ma
egualmente pseudo, ricevere chiamate tra le note dell’Internazionale, nella
meglio riuscita versione russa.
I giuristi, però, devo ammettere,
si contendono lo scettro, insieme ai letterati sotto effetto di stupefacenti,
dei più talentuosi feticisti di tutte le categorie in gara. Il perché è
evidente. Il giurista, per definizione, agisce in lucidità. La cocaina dei
principi del foro è un vecchio retaggio yuppy
anni ‘80, una trovata degli sceneggiatori di American Psycho, per intenderci. In realtà, il giurista degli anni
2012 si fa di Bianca, di Alpa, di Cerulli Irelli, di Giannini, di Antolisei, di
Luiso, di Tonini. I meno profani del settore sanno di cosa parlo. C’è perfino
la storia di quel povero specializzando che, nella preparazione del concorso
della vita, il suo cazzutissimo concorso, aveva sofferto del primo caso di
scomparsa delle impronte digitali. Con le dita, correndo velocissimo sulle
pagine dei manuali dei guru del settore,
aveva perso la propria identità tattile. Oltre che sette delle dieci diottrie
che il buon Dio gli aveva dato.
Io, personalmente, riconosco di essere stata affetta dalla sindrome di Stoccolma durante la
preparazione dell’esame di Amministrativo. Il mio professore, quello che poi,
alla fine, se ci penso bene, mi teneva sotto sequestro a casa, era assurto all’apice
della mia personalissima top three
dei migliori miti mai esistiti dai primi del ‘900 fino ad oggi, insieme a Robert Plant e a Jim Morrison prima che cominciasse a farsi di peyote. Non mi vergogno affatto a dirlo. Con i suoi libri, io ci
avevo dormito, ci avevo mangiato, e in prossimità della verifica, quando l’effetto
purgativo dei timori pre-esame, bussava alle porte del cuuuore, ci avevo anche fatto la cacca. Non siate inclementi, ora.
Chi di voi non è mai andato in bagno in compagnia di un grande autore?