venerdì 6 gennaio 2012

BUTTA IL CUORE (OLTRE L’OSTACOLO)




Sto partendo, di nuovo.

Ho maturato un senso di inutilità in un giorno e mezzo di permanenza inerte in casa. Sono stata da nonna, su una varietà piccola di sedie di legno, sdraio imbottite, divani dai braccioli duri. Ho passato un bel pomeriggio, non posso lamentarmi. Facendo attenzione che il fuoco non si spegnesse, sgranocchiando noci, olive e pezzi già mangiucchiati di panettone. Bevendo il caffè più buono che abbia mai provato. A pensarci bene, quel gusto non lo dà la miscela. E’ il pavimento in cotto, il camino sempre acceso, gli adesivi di Natale sui vetri, che gli danno quel sapore. Per un po’ ho pensato che non avrei voluto andare via. Avrei dovuto aspettare il termine delle mie vacanze, che non sarebbe stato onesto andare via, così. Se il giorno iniziasse alle 4 o alle 5 di pomeriggio, lì, seduta davanti il camino, sgranocchiando noci e  bevendo caffè con i nonni, sarei rimasta. Certo che sarei rimasta. E poi avrei cenato con loro, a mangiare cose buonissime.
La verità è che, la mattina, nel mio paese, è davvero insostenibile. Accade che forze sconosciute alle moltitudini si concentrino in fiotti di vapore, che poi, raffreddandosi, vanno ad infestare tutta la valle di bianco. Un bianco pesante e umido, che ti entra nelle ossa, ti fa sentire vecchio e, a tratti, inutile. 
Il lasso di tempo che intercorre tra le 11 (ore in cui, durante le “vacanze” mi sveglio, o almeno avrei dovuto) e le 14 (orario in cui, durante le “vacanze” mangio, o almeno avrei dovuto) è in assoluto il peggiore. Lo sarebbe anche il successivo, se non ci fosse nonna.
Sta di fatto, poi, che queste notti a casa mi hanno dato un sacco di rogne oniriche. Oniriche, esatto. Ho sognato di graffiare il volto di sconosciuti con le mie unghiette magre, di partecipare indirettamente al contrabbando di borse di seconda mano, di scappare come un’improvvisata latitante, e di bere in un caffè-pub-enoteca vicino casa, che, però, non esiste. 
Da queste avventure ho capito che il crimine non fa proprio per me. No, no. Io sono una da cioccolata calda quando fa freddo e di thè alla pesca all’ombra di 30 gradi. Magari, ogni tanto, un bicchierino di vino, un cicchetto di vodka alla frutta, un negroni al mercoledì. Ma non chiedetemi di correre per coprire le magagne. Sia ben chiaro, non sono una fifona. Sono una tosta, io. Semplicemente, trovo assurdo cacciarsi nei guai, sapendo di farlo, e poi cercare di scappare.
Almeno, nella maggior parte di queste terribili peripezie oniriche c’è Martino. Il mio amico. Perfino nei sogni sta con me.

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