Il mondo, a quanto pare, non va
proprio come dovrebbe andare. C’è stato un tempo, poi, in cui percepivo queste
deviazioni, le deviazioni dal mio piano ideale di mondo, come delle ingiustizie
incredibili. E me ne andavo in giro per la città con le cuffiette stereo a
decibel non consentiti. Mi sparavo nelle orecchie le ballate più drammatiche
che il panorama rock potesse offrire,
dalla seconda metà del novecento fino ai giorni nostri. Certi giorni, i
migliori, il mio momento emotive
toccava pendici liriche. Mi venivano in mente dei versi che nemmeno Baudelaire e Keats in studio associato, potevano scrivere. Non so perché, però,
poi quei versi me li dimenticavo sempre, uscita dall’aura del poeta maledetto,
entrata nell’aura maledetta di chi non è poeta. Sono ben noti ai miei compagni
di viaggio questi exploit esistenziali.
E’ un flusso di coscienza che si può dividere in fasi.
Fase misantropica. E’ indubbiamente il momento migliore. Una
completa estraneazione dalle circostanze ed in generale, dal genere umano. Sia
chiaro, io adoro gli umani. Solo che, ogni tanto, capita di imbattermi in degli
esemplari, per così dire, minori.
Rappresentanti degeneri di una razza di tutto rispetto. E a me, che non piace
fare distinzioni di sorta, accade una cosa in particolare. Si innesca un’inspiegabile
connessione tra i buoni e i cattivi, e così tutti i buoni, insieme ai cattivi,
diventano cattivi. Questa è la miccia della fase misantropica.
Fase raminga-stereo. Fatte le mie estreme considerazioni, devo
camminare. In solitaria, ovviamente. Camminare, camminare, camminare. Arriverei
anche ad Honolulu, se non mi dovessi
fermare a fare la pipì, di tanto in tanto. Che bello è camminare. Ti ritrovi in
posti fantastici, certe volte. E mi capita quasi sempre di pensare di portarci
uno dei rappresentanti migliori del genere umano, che, di solito, è un mio
amico, o il mio ragazzo. La fase raminga, è sostanzialmente collegata alla fase
stereo, vale a dire, camminare
ascoltando musica. Una combinazione troppo vincente. La sola fase stereo non renderebbe alla stessa
maniera. Dovrei restare in casa e mi godrei lo spettacolo solo a metà,
perdendomi le immagini che fluiscono al mio passo.
Fase meta-realtà. Nella fase meta realtà, c’è la sufficiente
estraneazione per credere di poter vivere sempre così. Camminando e
massacrandosi le orecchie. Non chiedetemi perché, ultimamente, non sento bene
all’orecchio destro. Sta di fatto, che questa fase è la più breve, perché dura
l’intervallo tra il picco esistenziale e l’impegno successivo.
Fase distopica. Ovvero, il mondo è una merda ed ora ci devo anche
ritornare. “Papà, papà, non voglio
ritornarci..non mi piace! Uff… non mi piace.. gnè gnè gnè..non mi piaceeeeeeeeeeeeee!”.
Papà, non c’è e non mi risponde. Continuo a pestare i piedi a terra e a dire gnè gnè gnè, magari c’è una controfigura
che mi caga. La fase distopica può essere caratterizzata dell’assunzione di
considerevoli quantità di nutella.
Fase finale. Se tutto ha avuto il proprio regolare corso, la confluenza
alla fase finale apparirà come naturale. Questa fase è neutra,
o meglio, si biforca in un finale auspicato e in uno non auspicato. Il primo
consiste nella pacifica accettazione dello stato dei fatti. Una sorta di
raggiungimento del Nirvana delle ragioni (di vita). La fase non auspicata,
invece, dà nuovo inizio all’exploit
esistenziale, e dunque, alla fase misantropica.
Detto questo, inforco le
cuffiette.
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