Le domeniche di ottobre di quando
avevo 15 anni, andavo nel campetto vicino casa, a guardare i miei amici giocare
a pallone.
Quanto mi sembrava grande quel
campetto.
Noi ragazze stavamo sedute ai
margini, rannicchiate sulle radici nodose dei platani accanto all’ala sinistra.
I ragazzi, invece, tiravano calci fino a sera, con i pantaloncini tagliati e le
maglie bianche dei fratelli maggiori.
A casa, al mio ritorno, mi
avrebbe aspettato l’aroma acre dell’uva pigiata della cantina di nonno. L’erba
bagnata dal calare del giorno. L’odore della notte prepotente, che ingoia la
luce che vorresti. Lo scoppiettio delle
frasche bruciate. Le parole di nonna, di non prender freddo ché sta per piovere. Il giorno dopo, avrei avuto geografia a
scuola.
Quei pomeriggi, in questo momento, mi sembrano così lontani, così
irrimediabilmente diversi.
Sarà perché oggi, su quel campo, c’è una
villa quadrifamiliare.