lunedì 5 marzo 2012

MOTTI ESISTENZIALISTI DEL LUNEDI'




Se ascolto Jeff Buckley, o  peggio, se ricomincio ad ascoltare Jeff Buckley, significa che qualcosa non va. Poi, il fatto che “qualcosa”, in realtà, sia un eufemismo per indicare un tutto poco relativo, è un altro paio di maniche. 
Oggi, però, parleremo di Jeff.
Jeff è morto suicida o, almeno, è quello che si intuisce dalle parole della sua unica opera prima.
Magari, anche per Jeff c’era qualcosa che non andava.
Si trovava sempre con qualche tipa che gli rovinava il pomeriggio. Poi, in tutta calma, beveva un bicchiere di buon rosso, faceva un bel respiro, e via di schitarrate strappalacrime e versi d’amore.
Come facesse a scegliere con disperata competenza quelle muse è una faccenda da comprendere. Perché è da lì che deriva la ventura del buon vecchio Jeff.
Se Jeff non avesse maturato quegli incontri, avrebbe mai scritto Grace, o peggio, Last Goodbye? Avrebbe mai determinato l’epilogo dei veglioni etilici di milioni di romantici? Mi avrebbe mai costretta a comprare un  pacco scorta di Kinder Bueno (conosciuto come: pacco scorta prima dell'arrivo della profezia Maya) e di Più Gusto formato famiglia allargata (compresi figli nati da relazioni extraconiugali), al supermercato?
Forse, avrebbe sprecato le sue serate nei pubs della contea dell'Hampshire a cantare le cover di John Lennon solista. (Sì, parlo del John che aveva incontrato Yoko e che, con la scusa della Guerra in Vietnam, copulava di continuo nelle migliori stanze d’albergo di mezza Inghilterra).
Jeff avrebbe affittato un appartamento in città. Con semplicità, si sarebbe innamorato (o almeno, avrebbe creduto). Si sarebbe sposato con un’efebica biondina, ingrassata dopo le tre gravidanze volute dai due. Avrebbe comprato la casa in affitto con i soldi dei genitori di lei. Avrebbe fatto le analisi del sangue due volte l’anno ed il controllo alla prostata in andropausa. Avrebbe chiamato i figli al cellulare dopo le 2 del mattino per chiedere che fine avessero fatto. Avrebbe calzato scarpe nuove di vernice nera per l’ultimo viaggio.
Invece no. 
Jeff ha scelto la strada delle afflizioni. 
Nessuna biondina, nessun matrimonio, nessun marmocchio tra i piedi. 
Niente cellulari, mutui, donne in preda agli isterismi, rotture di palle.
Maledetto Jeff. Non è bastata la birra che abbiamo bevuto l’altra sera. Non gli è bastato un intero anno stereo della mia vita universitaria. Ora vuole farmi credere che è nello strazio delle gonadi che risiede l’ispirazione lirica.

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