giovedì 6 giugno 2013

GLI ANNI DI CARVER






La poesia, sai, unisce.
Carver aveva 51 anni.
Un anno dopo di morire.
E’ un veggente come me.
So quando mi arrivano le lettere a casa
e il giorno in cui me le hanno spedite.
Riesco addirittura a prevedere
quanto è arrivato a costare il latte
in questo mondo, in quel supermercato.
So cosa pensi.
Non credere che io sia gelosa,
ma ho più paura di ieri.
Sarà perché la gente mi ha davvero stancato.
La gente è imprevedibile
e fa cose pazze.
Cose che io non farei nemmeno messa
sui carboni ardenti, sotto minaccia
con un cappello di paglietta
e una spiga di grano tra i denti.
La gente è pacchiana.
Mi chiedono un posto.
Ma io non voglio nessuno accanto.
Penso che sto viaggiando
e che non voglio nessuno accanto.
Però non dico niente
perché sono sempre stata una ragazza gentile
e di buone maniere.
E poi succede che qualcuno si siede
con il suo culo grosso sul mio zainetto
pieno di magliette piccole estive:
la speranza che smetta di piovere.
Ora sconto il peso della mia gentilezza
con questo elefante accanto
e una gamba formicolante.
Faccio finta di niente e penso
a quanto eravamo belli da giovani
io d’estate dormivo un sacco
e mangiavo pasticcini a colazione.
Avevo un futuro brillante
e parlavo correntemente 3 lingue.
Quando ero giovane e lo eri anche tu
so bene che facevamo le stesse cose.
E non voglio ribadirlo ancora questo concetto.
Si può fare l’amore anche tutti vestiti
mentre c’è una mezza dozzina di gente intorno
che parla, che ti parla, che mi parla.
Io però faccio finta di dormire.
Ci si può abbandonare anche tutti vestiti
con le luci piccole e fioche e gialle
e lo stomaco e il fegato e il cuore
tutti nella gola
che ti chiedono che c’è.
Si può respirare anche tutti vestiti
ma credimi, nessuno di noi lo era
in quel momento.
Dentro questa testa non c’è niente di speciale
è il cuore che parla.
Il cuore che è più piccolo della testa.
Carver aveva 28 anni.
Non aveva il pigiama, ne sono sicura.




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